# 8.
Chissà se la
società del futuro riuscirà a risollevarsi dalla catastrofe culturale,
invisibile agli occhi dei molti, in cui è stata precipitata la società
contemporanea e chissà se, riuscendovi, sarà anche capace di ricostruire una
storia del nostro tempo, comprendendo quali sono stati i veri colpevoli di
questo disastro, scovando quali tra i nostri ciambellani sono stati quelli
maggiormente responsabili dello sfacelo umano e culturale che ha abissato il
nostro mondo. Chissà se i posteri sapranno dare un nome alla volontà di potenza dei molti i quali,
cedendo agli argomenti che più gli assomigliano, hanno solo accelerato il
processo di disfacimento con cui piccoli condottieri ciechi si sono messi alla
testa di questa società del contrario.
Quantomeno, coloro che prima di quest’epoca hanno fornito gli strumenti
concettuali di cui i contemporanei si servono come armi, avevano dalla loro
parte l’onestà intellettuale in ciò che facevano e credevano; sbagliavano
forse, ma senza malizia o, più semplicemente,
sono stati volutamente o artatamente fraintesi (pensiamo come soli
grandi esempi a Bacone o Cartesio che vengono oggi brutalizzati e banalizzati
solo per asservire le loro filosofie alle voglie ed alle miserie dei
contemporanei).
I nostri
ciambellani, diversamente da altre epoche, sono invece mille e mille volte
colpevoli e complici attivi e malevoli dell’annientamento umano e culturale del
nostro mondo. Altro che l’attizzatoio di Wittgenstein ci vorrebbe per questi!
Nel giro di una manciata di decenni la nefasta influenza di questi chierici
chiamati a pensare per concorso pubblico è riuscita a trasformare gran parte
della cultura in ciarla, rumore o basso inganno. Quando ancora capita di considerare gli
scritti del passato ne fanno materia del loro ruminare o li si legge come se
fossero stati vergati appena ieri da un qualunque gazzettiere del nostro infame
presente: siccome siamo un’epoca d’intrallazzatori, di semplificatori e
cospiratori, pensiamo che tutte le epoche abbiano condiviso la nostra miseria e
per questo si tacciano i grandi del passato e si esalta la mediocrità non
appena appaia sotto una qualunque cappa o da un qualunque schermo. Saranno
allora i posteri in grado di liberarsi da queste catene di mediocrità,
banalità, conformismo e miseria umana che affliggono e atterrano la società
contemporanea tornando nuovamente a vedere la luce della paideia? Come faranno? Dove troveranno le forze necessarie ad un
risveglio culturale autentico? Chi gli darà una mano quando il processo di
omologazione e distruzione dell’uomo e della cultura avrà raggiunto forme
capillari e universali? Forse che l’homo
novus si troverà d’un tratto solo, perduto in quest’immensa solitudine
fatta di cose e parole vuote e
sentirà nuovamente il bisogno di parole vere? Sarà allora proprio quell’umanità
che stiamo cercando di uccidere in noi a rappresentare il risveglio? Sarà il
momento in cui l’uomo tocca il fondo della barbarie anche il momento in cui si
rende conto che la sua umanità ha bisogno di qualcosa d’altro dei biechi panem et circensem? Ma come potrà
avvenire tutto questo? È ragionevolmente plausibile credere che l’homo novus, mentre se ne sta sdraiato
sul lido di Ostia o su una spiaggia di Cancun, tutto preso a discettare con
voce profonda delle sue valigie, della sabbia sulla sdraio, del suo anus e del tempo, sentirà d’un tratto il
bisogno di qualcosa d’altro? Ma da dove dovrebbe mai venirgli questo bisogno
che ormai non sa più neppure di avere? Forse l’antica anima umana dovrebbe d’un
tratto riscattarsi e, in un moto di ribellione verso coloro che vogliono da
sempre accecarla, riaccendere la luce nel buio che si è fatto intorno? Chissà…
È questa una speranza plausibile? Ma anche ammettendo che questo sia uno
scenario probabile, bisogna davvero aspettare di raggiungere il fondo per
tornare alla vita vera? Oppure anche la specie umana, come succede ed è già
successo con innumerevoli altre specie, finirà i suoi giorni in un assoluto
silenzio di sé?
(Sergio
Caldarella, Appunto # 8. © 2013)