Wednesday, December 24, 2014

L'interesse autentico


# 12.

Se c’è una lezione che insegnano l’immensa stupidità, la sottile malvagità e la hybris della nostra vuota epoca è che l’uomo senza ragione agisce sempre in maniera contraria al proprio interesse (a questo punto i benpensanti del nostro tempo avranno già smesso di leggere quest’appunto, raggiungendo il primo scopo di queste righe d’incipit). La ragione non indica qui la capacità di costruire una casa, procurarsi della selvaggina, sradicare un albero o spianare una montagna, quanto la capacità di comprendere il senso e il significato dell’esistere e dell’esistente, delle nostre azioni e del contesto del vivere. Da questo punto di vista basta osservare la storia e quello che l’uomo ha fatto e fa di se stesso per capire che egli ha raramente idea di quale sia davvero il suo interesse autentico e non soltanto nelle grandi cose, ma anche nei più piccoli atti della sua vita quotidiana. Ad esempio, esser gentili, trattare gli altri con cortesia, rispetto e, soprattutto, umanità e giustizia è un piccolo atto quotidiano che aiuta a migliorare la qualità della vita di tutti e l’armonia del mondo in cui si vive, eppure nulla è più lontano dal comune atteggiamento degli uomini da Oriente a Occidente. Anzi, tutti sembra vogliano essere trattati con umanità e rispetto ed ottenere giustizia per se stessi senza però voler concedere lo stesso privilegio anche ad altri. Un atteggiamento del tipo mors tua, vita mea, che non è certo un atteggiamento nuovo se già Confucio o Gesù esortavano a non fare agli altri quello che non si vorrebbe aver fatto a se stessi. Ma come può un individuo che pensa in tali termini aspettarsi di ricevere proprio quello che non vuol concedere ad altri? Quale curiosa schizofrenia lo possiede per fargli credere che la sua virulenza non verrà ripagata con altra virulenza?
Fin troppa gente - in particolare questa gente - pensa sempre di sapere (o di fare) il proprio interesse, ma se soltanto costoro sapessero quanto sono lontani da loro vero interesse rimarrebbero allibiti dalla loro stessa follia che gli lascia intendere sempre e solo una struttura dialettica fondata sulla giustificazione e sulla plausibilità, non sulla razionalità e sulle conseguenze logiche derivabili da un ragionamento. Non soltanto quest’ultimo approccio sarebbe troppo complesso per le loro scatole craniche, ma sarebbe anche contrario alla fondamentale immoralità del loro orientamento esistenziale e/o concettuale. Il paralogismo, ogni paralogismo, è padre dell'immoralità (come insegnava Socrate) per questo il primo obiettivo del potere è sempre quello di distruggere la logica ed il ragionamento, affinché ogni conclusione appaia come legittima e l’arbitrio possa sempre trovare una giustificazione qualunque e motivare ogni sciocchezza o follia come le guerre, le sopraffazioni e il darwinismo sociale attraverso cui si mettono gli uomini gli uni contro gli altri, facendogli dimenticare chi è il loro vero nemico. Ricordando sempre che “ragioni” e “giustificazioni” non soltanto non sono sinonimi ma, spesso, antipodi. La deumanizzazione dell’uomo è un elemento centrale del meccanismo di dominio, per questo l’etica è, da sempre, un ostacolo per i dominatori del mondo. Socrate dovette morire proprio perché era un pensatore etico e autentico.

(Sergio Caldarella, Appunto # 12. © 2014)