Friday, July 19, 2019

Appunto # 15. Ai revisionisti della nostra epoca.

Tempo addietro, a gente come Luciano Canfora ed alle sue rivalutazioni di cattivo gusto della figura di Stalin, ai revisionisti, i negazionisti ed ai troppi ideologhi dell’epoca contemporanea, si sarebbe facilmente potuto dire che gli ha già risposto la storia, ma per come stanno ormai le cose, non possiamo più dirci così sicuri di questo. Esistono, oggi, i mezzi e l’apparato per poter fattivamente trasformare il passato a nostro piacimento o quasi, tanto quanto viene già trasformato il presente a favore di chi detiene i mezzi, ossia di coloro che si trovano nei vari centri di potere oligarchici della società globale contemporanea. La trasformazione ideologica della realtà cui assistiamo quando abbiamo o possiamo far ricorso ad una lettura autenticamente culturale del mondo e ad una visione delle cose non determinata unicamente dalle versioni offerte o prodotte dall’ufficialità e dal potere, si dimostra nella sua realtà di mero costrutto realizzato per favorire e privilegiare un determinato progetto di controllo politico. Quando si legge la storia attraverso le sue inerenti complessità ma, soprattutto, attraverso il ricorso ai fatti ed alle testimonianze dirette, ci si accorge che la trasformazione ideologica della realtà, ridotta ad un mero costrutto determinato secondo l’arbitrio di alcuni al potere, avviene anche in casi evidenti e lapalissiani: vedi ad es., l’ideologia diffusa secondo cui l’economia di mercato viene vista come un fattore endemico e naturale alle società storiche e persino alla democrazia, mentre si tratta di una volgarizzazione del discorso storico smascherata in particolare anche grazie agli studi di Karl Polanyi. In uno scenario siffatto, tale preoccupazione per la sopravvivenza di un discorso storico-culturale serio e scevro da arbitri e volontà di potenza si rivela indubbiamente legittima.
Allo stato attuale, non saranno certo dei contributi online o delle pubblicazioni a margine dell’industria culturale e dell’apparato di controllo sociale a poter influenzare la direzione ideologica e manipolativa intrapresa dalle società attuali. Questa tendenza è, inoltre, sostanzialmente distruttrice di quello che, fino a pochi decenni addietro, veniva detto il patrimonio culturale della nostra specie – non a caso, oggi, quando si invoca il termine “patrimonio culturale”, questo viene riferito, in genere, unicamente a reperti, edifici, manufatti e opere artistiche varie, ossia a quell’aspetto muto della cultura. Per quanto possano essere belli ed artisticamente affascinanti gli affreschi rinascimentali, le cattedrali gotiche, i centri storici barocchi o gli erbari medievali, questi non posseggono però una loro lingua autonoma, ossia non “parlano” come fanno invece i libri i quali contengono il pensiero vivo dei grandi maestri e le testimonianze dirette che ci provengono dal passato. La chiave di volta è qui il discorso sul passato di cui l’ideologia si è appropriata da tempo. Senza gli storici seri ed eticamente dedicati al loro lavoro, ci resterebbero soltanto i ciarlatani mercenari della cultura ufficiale che è, poi, soltanto il triste megafono del potere.


(Sergio Caldarella, Appunto # 15. © 2019)