# 1.
In un
contesto culturale in cui non esisteva ancora la perfettibilità, l’arte o la
cultura si ponevano sempre su uno sfondo teso al raggiungimento della
perfezione di un’opera, di una poesia, di un quadro o una sinfonia, ma anche di
un qualunque altro oggetto artigianale e semplice. Una cultura che ha invece
introdotto nelle sue categorie l’idea di evoluzione continua riterrà che questa
sia l’essenza e il contenuto dell’operare anche nelle arti e nelle professioni e
così non crea più un prodotto, un tempo detto “finito”, che sia davvero tale,
ma realizza una lunga serie di versioni imperfette e continue, il noto “1.1”, “1.2”,
etc. tipico del software e del linguaggio dei programmatori. Forse ad alcuni
apparirà strano, ma questa nuova impostazione ideologica è anche il frutto
dell’acquisizione di concetti darwiniani nel tessuto della cultura di un’epoca
o di una società. Lentamente, ma inesorabilmente, il fraintendimento delle idee
darwiniane ha oltrepassato l’ambito della biologia per entrare a far malamente parte
della cultura e dell’ideologia di un’epoca che disconosce ormai misura e
armonia per andare solo nella direzione di quantità e peso.
(Sergio Caldarella, Spunto # 1. © 2014)